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27 Gennaio: "Giornata della memoria"

 ("La memoria è garanzia del futuro")

 "I campi di annientamento furono non uno degli
eventi, ma l'evento mostruoso, forse irripetibile della storia umana". Norberto Bobbio, filosofo.

Nell'approssimarsi della Giornata della memoria mi sono tornate alla mente le parole che Elie Wiesel, premio Nobel per la pace, sopravvissuto allo sterminio di milioni di uomini, donne e bambini,pronunciò il 27 gennaio 2000, nell'emiciclo del Parlamento tedesco, di fronteai deputati che lo ascoltavano silenziosi: "Come fu possibile che giovani diottima famiglia, istruiti nelle migliori università tedesche, si lasciarono
sedurre dal male e dedicarono il loro genio al martirio e al massacro di
uomini, donne e bambini ebrei che non avevano mai incontrato prima?"

Noitutti dobbiamo chiederci come è potuto succedere quel che è successo. Si pensa subitoquando si è di fronte ad un evento così mostruoso che sia frutto di un genio
maligno  e non un crimine commessodall'uomo , dal "carnefice  della porta
accanto".

Ma E. Wiesel, nella bella intervista concessa adAlessandra Fargas ( Corriere, venerdì 18 gennaio) ci ricorda proprio che "Auschwitz non è stata calata dal cielo, ma èstata concepita, costruita, abitata e usata dagli uomini". I nazisti, non provengono da Marte o da Avatar, ma sonogli abitanti terreni della vicina, evoluta, colta e civilissima Germania che hannogiustificato, spiegatofilosoficamente, metodicamente preparato e sistematicamente perpetrato il piùodioso dei crimini: lo sterminio di milioni di uomini, colpevoli di essereebrei, zingari, omosessuali, comunisti, handicappati, Testimoni di Geova ecc. Auschwitz ci invita a riflettere e ci ammonisce affinché qualcosa di simile non possa accadere di nuovo perché, comeè stato autorevolmente detto, per il semplice fatto che è avvenuto quello che èaccaduto può ripetersi; e quindi ci invita ad un'eterna vigilanza. Perchédobbiamo vigilare? Perché la memoria non è un dato di fatto, una conquista definitiva,acquisita una volta per tutte, ma una peculiarità della nostra mente  che deve essere sempre alimentata e mantenutaviva. In quanto, come ricorda E. Wiesel, nell'intervista citata: "il mondo non ha imparato la lezione di Auschwitz, come si spiegherebbero altrimenti i crimini in Cambogia,Bosnia, Ruanda, Kosovo, Sudan e Siria?"

Che fare per non dimenticare? Penso che nell'universale amnistia morale concessa da moltotempo agli assassini, e di fronte al negazionismo dilagante i milioni di
deportati e sterminati dal nazifascismo hanno soltanto noi che possiamo
alimentare il ricordo dei loro tormenti e delle atrocità subite. Se cessassimo
di ricordarli, li uccideremmo definitivamente una seconda volta: i morti dipendono dalla nostra fedeltà.

Perciò, come ex - docente,vorrei rivolgere un vibrante appello alla memoria e al ricordo, di questaimmane "rottura d'umanità", che è stata la Shoah, raccomandando soprattutto ai  colleghi insegnanti il dovere di alimentare la memoria tra gli studenti, con tutte le modalità didattiche utili:viaggi d'istruzione nei lager, filmati, testimonianzedei sopravvissuti, ricerche ecc.

Perché la scuola è il luogo istituzionalmentepreposto alla formazione di  uomini e di cittadinidemocratici e tolleranti ed è proprio l'ambiente scolastico la sede più accoglientee più idonea per intraprendere quel cammino di civiltà che fa dell'uomo, a
differenza dell'animale,
l'unico animale in grado di ricordare.

Vorrei concludere questa mia riflessione con due citazioni, incentrate sul dovere della memoria, l'unadi E Wiesel, l'atra del filosofo Vladimir Jankélévitch. Dice Wiesel "Se qualcosa potrà salvare l'umanità,sarà il ricordo: il ricordo del male servirà da difesa contro il male; il ricordo della morte serviràda difesa contro la morte;" conclude, ammonendo infine Jankélévitch: "Tutti gli anni, nelle nostrecerimonie, udiamo questo straziante appello ai morti, che strappa alle donnedei singhiozzi. La voce lamentosa della tromba chiama ed indugia, ma i morti non rispondono...I morti non risponderanno. Coloro che sono scomparsi per semprenon esistono più che per nostro tramite e nell'affettuosa fedeltà della nostramemoria; se noi perdessimo il loro ricordo, non esisterebbero più."

Romolo Vitelli




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